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Noi ci siamo


“Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giv. 10,10)


Queste parole di Gesù ci aiutano a comprendere maggiormente il grande mistero del Natale. Se Dio nel suo grande amore per noi ha preso carne per darci vita in abbondanza, possiamo credere quanto sia grande e. prezioso il dono della vita, anche se spesso avviluppato di sofferenza e fragilità. Con gli auguri di Natale e di felice anno 2012, che invio con sincera cordialità, ho la gioia di allegare la locandina dell'incontro formativo che, come responsabile dell’Ufficio Diocesano della Pastorale della salute, assieme all’equipe, è stato organizzato per i Ministri della Comunione, volontari e tutti coloro che sono animati da buona volontà e desiderano dedicare un poco del loro tempo a essere mediazione dell’amore misericordioso di Dio verso le persone fragili e sofferenti.

Questa nostra iniziativa non giunge di sorpresa, negli incontri di settembre e primi di ottobre vi abbiamo informati della preoccupazione dell’Ufficio per le persone fragili, anziani, oncologici, diversamente abili presenti nel territorio. Siamo a conoscenza di come l’assistenza ospedaliera è sempre più limitata nei giorni di ricovero, la vita si è allungata per età, ma non sempre in qualità. La crisi economica che stiamo attraversando già da tempo pesa sulle Aziende Ospedaliere e Sanitarie. Gli ammalati, anziani ed oncologici sono dimessi dall’ospedale che ancora hanno bisogno di cure, di ascolto, di consolo, quindi anche di assistenza. La chiesa che sin dalle origini si è fatta carico delle persone sofferenti, non può esimersi dal rendersi sensibile a questa realtà. Gesù stesso ce ne ha dato l’esempio, attraverso la sua prodigiosa azione guaritrice. Dal Vangelo ci è dato di conoscere come il Signore Gesù si sia lasciato coinvolgere con grande umanità davanti al disagio della sofferenza. Tutto questo ci interpella fortemente e come Chiesa dobbiamo volgere lo sguardo verso questa verità, tanto oggettiva quanto di difficile soluzione. L’ascolto della realtà è quest’anno una proposta diocesana. Consapevoli che tutti i sacerdoti sono impegnati o in Parrocchie grandi o con diverse piccole Parrocchie, come non sia possibile chiedere più di quanto già fanno, proprio per essere di aiuto, come responsabile della Pastorale della Salute, assieme all’equipe, si è pensato di coinvolgere i Ministri della Comunione, Volontari e chiunque voglia dedicarsi all’ascolto delle persone sole, fragili, o altro, sull’esempio di Gesù. Fare loro qualche visita per ascoltarli, dimostrare che sono ricordati dalla chiesa e donare speranza, gioia e consolazione.

Nell’incontro programmato, infatti, saranno dati orientamenti formativi sull’importanza della visita domiciliare alle persone sofferenti. Chiedo pertanto calorosamente di motivare le persone di buona volontà, a partecipare all’incontro formativo programmato; siano o no Ministri della Comunione, basta dimostrino sensibilità verso i sofferenti.

E’ il primo incontro  che viene promosso specificamente per questa iniziativa, tanto utile ed evangelica.

Suor Tomasina Gheduzzi

Equipe Ufficio Diocesano della Salute 


Questa la relazione di padre Giampaolo Salotti

 

LA CHIESA COMUNITA’ DI ASCOLTO, DI COMUNIONE E DI PREMUROSA ATTENZIONE ALLA SOFFERENZA

1. IMPEGNO SPECIFICO DELLA COMUNITA’ LOCALE

Parafrasando un’espressione di Papa Giov. Paolo II, si può dire che la vitalità e lo spirito evangelico di una comunità cristiana (parrocchiale) si misurano dell’attenzione che essa offre agli infermi della comunità stessa.

La sollecitudine per i sofferenti costituisce per la comunità cristiana una delle credenziali più convincenti per essere una vera comunità di fede, di carità e di fedeltà a Cristo.

Vi sono ragioni evangeliche, teologiche e storiche per le quali la comunità cristiana deve farsi attenta al mondo della sofferenza.

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nei loro cuori. La loro comunità infatti è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo e guidati dallo Spirito Santo, si sentono realmente e intimamente solidali con il genere umano e con la sua storia”     (GS n.1) 

“Come Cristo percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia e infermità… così anche la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi condizione, soprattutto ai poveri e sofferenti, prodigandosi volentieri per loro ”    (AG n.12)

In queste citazioni del Conc. Vat. II sono indicati l’impegno e l’attitudine propria dei discepoli di Cristo e di ogni comunità cristiana verso coloro che soffrono.

a) continuare la missione di Cristo:

La parrocchia è una comunità che incarna la Chiesa nel tempo, nello spazio e nelle persone concrete. Come dice Giovanni Paolo II: “è la chiesa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Perciò la missione della Chiesa si rende presente e concreta nella comunità parrocchiale.

Qual è la missione della chiesa? Continuare la missione di Cristo, ossia annunciare e instaurare il regno di Dio. Si annunzia con la predicazione e si instaura con l’attenzione e il servizio ai poveri del regno, come fece Cristo che “andava per tutte le città e i villaggi predicando il Vangelo del Regno e sanando tutti i dolori e ogni malattia” (Mt. 9,35)

Gesù affidò questa missione alla chiesa dicendo: “Andando, predicate il Regno di Dio e curate gli infermi” (Mt. 10,5) “In qualunque città entriate, curate gli infermi che vi si trovano e dite loro: è vicino il Regno di Dio” (Lc.10,9)

Nell’ultimo e definitivo mandato di Gesù agli Apostoli, ossia alla chiesa, al ministero di evangelizzazione Gesù aggiunge ancora quello di curare i malati (Mc.14,18)

Duplice è dunque la missione della chiesa: evangelizzare e avere cura di chi soffre, il ministero della evangelizzazione e il ministero verso chi ha bisogno di assistenza e conforto e che si trova nel luogo dove essa è presente, come specifica Gesù: “Curate i malati che vi si trovano”.

La comunità parrocchiale, quale chiesa di Cristo in piccolo, abbraccia l’evangelizzazione e la cura pastorale degli infermi per attuare nella storia e nel suo territorio la missione del Salvatore, medico delle anime e dei corpi e consolatore degli afflitti. Il Papa chiaramente dice che “la Chiesa ha avvertito fortemente il servizio ai malati come parte integrante della sua missione” (motu DH). Anzi “ l’attività svolta dalla chiesa nel settore della sanità è l’espressione specifica ella sua missione” ( Nota CEI 13)

Pertanto la comunità parrocchiale con i gesti di misericordia, di attenzione e di conforto agli infermi esprime la presenza e l’amore di Cristo e la fede nel regno di Dio.

“Come Cristo è stato inviato dal Padre a dar la buona novella ai poveri e a guarire quelli che hanno il cuore contrito… così pure la chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine stessa del suo fondatore, povero e sofferente, e si premura di sollevare l’indigenza” (LG 18)

b) attuare la comunione e la partecipazione.

La comunità parrocchiale in quanto chiesa, è sacramento di comunione. Il suo elemento qualificante e dinamico è la comunicazione di vita in reciprocità di rapporti.

Questa comunione di vita deve esprimersi nella reciprocità di rapporti tra le membra  e nella compartecipazione concreta. “Cristo ha costituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna in quel suo Corpo che è la Chiesa, nel quale tutti, membri tra loro, si prestassero servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi”  (GS. n.32)

San Paolo espresse questa solidarietà e partecipazione dicendo: “Dio ha composto il corpo… affinchè non vi sia divisione nel corpo, ma le membra avessero cura le une delle altre. Così, se un membro soffre, tutte le altre membra soffrono insieme; se un membro è onorato, tutte le altre membra gioiscono insieme” (1 Cor. 12,26)

In base a questa prospettiva biblica di comunione e partecipazione “la comunità parrocchiale è coinvolta nell’attenzione ai problemi del mondo della salute e nella cura amorevole verso i malati” (Nota CEI n.23)

La capacità di condividere e di aver cura dei suoi membri che sono in necessità o colpiti dalla infermità, è segno della profondità e ricchezza di comunione interiore e anche della sua credibilità esterna.

c) Vivere la carità

La comunità parrocchiale è anche sacramento di carità. Lo Spirito Santo diffuso in tutti i battezzati, produce il medesimo effetto: l’amore fraterno, perché la legge dei discepoli di Cristo è il precetto di amare, come lo stesso Gesù ci ha amato.

La comunità parrocchiale costituzionalmente deve essere una comunità di amore.

La parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio; è piuttosto “la famiglia di Dio” è “una casa di famiglia fraterna e accogliente”.

Nella comunità la carità non è un momento della sua vita, ma la sua legge vitale, una dimensione essenziale e un atteggiamento di fondo che si esprime nel ministero di carità, nella diaconia, ossia nel servizio fraterno: “Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo” (Gal.6,2).

La vera comunità locale è una comunità di credenti che vivono la carità, ossia:

* si aprono all’accoglienza reciproca

* sentono come propri i bisogni della comunità

* porgono attenzione ai problemi concreti delle persone bisognose

* si interessano delle persone fragili, gli ammalati, gli anziani in modo che nessuno di questi si senta dimenticato, trascurato o emarginato.

2. L’ATTENZIONE DI GESU’ AGLI INFERMI.

Un atteggiamento fondamentale di Gesù come appare dal Vangelo, è la sua attenzione agli infermi e agli afflitti (MacNutt: tutte le volte….)

Presso gli ebrei, l’infermo, il lebbroso, il pazzo, l’invalido erano persone castigate da Dio ed escluse dalla comunità ed emarginate dalla vita sociale.

Tutto l’opposto è l’atteggiamento di Gesù verso di loro. Dovunque Egli passa o in qualsiasi villaggio entra, si interessa di loro, li accoglie con bontà e senza discriminazione; lui stesso va loro incontro, ne condivide le sofferenze e lo stato d’animo.

Sintomatica la presentazione che Gesù fa della sua qualità di Messia. Ai messaggeri di Giovanni il Battista, dà questo chiaro segno di riconoscimento: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete udito e visto: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono….” (Mt.11,4-6)

Questa attenzione di Gesù agli infermi di ogni genere trova un riscontro e un posto preminente anche nel suo insegnamento.

Abbiamo così “il Vangelo della carità”

Il Vangelo della carità, presentato da Gesù Cristo, racchiude il contenuto centrale ed essenziale del suo insegnamento.

La carità sta al Centro del Vangelo, è il cuore del Vangelo.

La carità è il comandamento per eccellenza di Cristo e diventa il segno distintivo dei veri discepoli di Gesù.

Ma quale carità?

Quella che si fa servizio, attenzione, donazione di sé agli altri

Ecco allora la parabola del buon Samaritano, che illustra in maniera eloquente la necessità, la bellezza e il valore etico ed eterno dell’attenzione e cura di chi è bisognoso e sofferente.

“Và e fa anche tu lo stesso e avrai la vita eterna” (Lc 10,30-37)

Parabola del giudizio finale (Mt.10,7; Mc 16,18; Lc 10,1-5)

MEZZI E STRUMENTI CONCRETI per vivere e portare il Vangelo della carità.

La visita ai malati.

La visita fraterna,fatta in nome della comunità, non solo risveglia o rinforza nel malato il senso di appartenenza alla comunità, ma gli dà anche la certezza di essere considerato membro e fratello.

La visita periodica permette di:

* conoscere concretamente il malato;

* instaurare con lui un rapporto di amicizia e fraternità;

* rendersi conto delle sue vere necessità;

* essergli vicino per offrire sollievo e aiuto.

La continuità e periodicità della visita crea veramente un punto di riferimento per il visitato che non si sentirà abbandonato nella solitudine, bensì oggetto di attenzione e di solidarietà. Ogni visita è un’opportunità per cogliere sempre meglio i risvolti dell’animo del fratello e una occasione per animare, confortare, chiarire problemi, suscitare risorse e valori nel malato. L’efficacia e utilità della visita e del servizio pastorale ai malati dipendono dalle attitudini particolari e dai comportamenti specifici del visitatore.

E’ bene riconoscere che non esiste in astratto l’ammalato, ma ci sono gli ammalati. Ciascuno è diverso dall’altro; ciascuno è contrassegnato dal sua carattere, dalla sua cultura, dal suo vissuto.

 C’è l’angustiato e il sereno, c’è il timoroso e il coraggioso, il depresso e l’euforico, il praticante e l’indifferente, il divorziato e il separato ecc.

Ogni uomo è un mondo a sé e lo stesso malato passa per diverse tappe e situazioni di spirito.

Perciò è necessario:

* preparare lo spirito alla visita, ravvivando la motivazione interiore;

* disporsi a comprendere la persona che si visita e le sue reali necessità per cercare di giovargli personalmente o per mezzo della collaborazione di altri;

* cercare di essere presenza fraterna, discreta sollecita con tutti e indistintamente per convertirsi in messaggeri di speranza, di fede, di coraggio e di luce.

Ricordiamo che Gesù evangelizzò e animò soprattutto  con i suoi gesti e i suoi atteggiamenti. Perciò bisogna dare ad essi  molta importanza. Più che dire parole di incoraggiamento o dare risposte di fede, si tratta di comprendere lo stato d’animo del malato al di là delle sue parole e offrirgli una benevola presenza e una amabile attenzione che infondano conforto, sollievo e speranza e facciano desiderare ed attendere la prossima visita.

La prima visita, la più difficile perché non si conosce l’ammalato né la famiglia, deve essere compiuta con accortezza, con discrezione, con semplicità, ponendosi nella disposizione di ascoltare il racconto dei problemi di quella persona e di valorizzare quanto di buono possiede.

Visitare un ammalato è disporsi principalmente all’ascolto, perché generalmente lui attende qualcuno che ascolti la storia del suo passato e partecipi alle sue ansietà e stati d’animo.

Gli ammalati non esigono che risolviamo i loro problemi, sapendo che non possiamo risolverli; solamente chiedono che ci poniamo in ascolto con il cuore, con tutta la persona.

Questa è l’attitudine più umana e benefica per loro.

Perché ogni visita sia un incontro personale e ogni servizio sia un autentico aiuto, io penso che siano opportune queste attitudini:

* l’osservazione attenta di colui che si visita e dell’ambiente che lo circonda per acquisire la conoscenza reale del suo stato e situazione;

* l’intuizione per interpretare nettamente le espressioni del volto, il tono della voce, i gesti del corpo.. allo scopo di comprendere i suoi sentimenti e le sue esigenze;

* l’amabilità fatte di gentilezza, di pazienza, di semplicità, di tatto e di umiltà nel comportamento;

* la pazienza nell’accettare le sue continue e solite reazioni, i suoi comportamenti che non cambiano, la ripetizione della sua storia, ecc.;

* la condiscendenza generosa per metterlo a suo agio e dargli il tempo e l’opportunità che si sfoghi, esprima i suoi sentimenti, le sue reazioni, senza contrariarlo o manifestare impazienza o distrazione;

* il rispetto dei diritti del malato per non esigere o forzarlo a ciò che non riesce a fare;

* l’accettazione di lui così come egli è con tutti i suoi limiti, il suo carattere, le sue reazioni, senza pretendere di giudicarlo né tanto meno di cambiarlo;

* la comprensione e condivisione personalizzata e individualizzata della sua reale situazione fino ad arrivare a viverla insieme, ossia all’empatia;

* la disponibilità completa a lasciarsi coinvolgere per aiutare la persona a vivere meglio il suo stato;

* una certa dose di buon umore e di ottimismo che aiuta a incoraggiare, animare e sollevare l’ammalato spesso triste o depresso.

Queste attitudini devono essere poi accompagnate da comportamenti e gesti coerenti quali:

* non parlare di sé, ma interessarsi dello stato della persona che si visita e delle sue necessità;

* non forzare la persona a parlare della sua salute, evoluzione del male, cure ricevute, disturbi… può non averne piacere  o gli torna molesto o umiliante;

* non stancare l’ammalato parlando troppo o a voce troppo alta o bassa;

* non dimostrare fretta o insofferenza nel corso della visita o del servizio, bensì attenzione premurosa per ascoltare e aiutare;

* ascoltare sempre con interesse, senza commentare né cambiare il tema della conversazione né imporre il proprio punto di vista;

* rispettare le credenze e i costumi della persona, anche se sembrassero strani, tanto meno burlarsene;

* non porsi a recitare preghiere o leggere brani della Bibbia o del Vangelo, se non dietro desiderio del visitato e sempre per brevi momenti;

* preferire brevi preghiere spontanee da recitare con il malato e per il malato, situandole nella sua condizione reale e nel  momento opportuno;

* saper rispettare e apprezzare anche i silenzi che spesso sono eccellenti rivelatori di stati d’animo e carichi di messaggi;

* ritirarsi a tempo opportuno, evitando però di passare come il vento.


 
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