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LAVORO IN NERO
 
DICIAMO NO AL LAVORO IN NERO

Mercoledì 29 marzo 2017, in Commissione Bicamerale di vigilanza sull'Anagrafe tributaria, il Professore Enrico Giovannini, presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» ha detto fra l'altro: «Per le altre attività di servizi, quali i servizi personali, le badanti oppure le ripetizioni e così via, c'è una quota di circa il 30 per cento di economia sommersa sul totale di valore aggiunto. Riscontriamo percentuali dell'ordine del 26 per cento nel commercio all'ingrosso e al dettaglio, nei trasporti, nel magazzinaggio, nelle attività di alloggio e nella ristorazione, anzi con i dati più fini, si vede che, nel settore degli alberghi e dei pubblici esercizi, questa quota arriva quasi al 50 per cento di evasione. Nel settore delle costruzioni, la percentuale è intorno al 24 per cento, mentre, nell'agricoltura, siamo intorno al 15 per cento. Anche nelle cosiddette «attività professionali scientifiche e tecniche», cioè nei servizi alle imprese, siamo circa al 20 per cento. Vorrei fare qui una brevissima notazione: ormai molte analisi ci mostrano come l'evasione non sia solo un problema di giustizia distributiva, ma anche di produttività, quindi di crescita del Paese. Si vede, anche in modo molto chiaro, che i settori dov'è maggiore l'evasione sono quelli a più bassa crescita di produttività, quindi stiamo parlando di settori a più bassa produttività, ma a bassa crescita di produttività. Noi sappiamo che l'Italia soffre di un problema di crescita della produttività da molti anni ed è evidente che, nel momento in cui si riesce ad andare avanti semplicemente attraverso l'evasione, un'impresa ha molti meno incentivi a trovare una struttura più efficiente e a investire in innovazione. L'evasione ha, quindi, un ruolo molto importante in un generale grado di arretratezza del sistema economico. Vorrei – poi mi fermo – rilevare ancora tre brevissimi aspetti. Per la seconda volta, visto che la precedente Commissione che ho presieduto aveva fatto un primo contributo in questo senso, la relazione offre una onnicomprensiva illustrazione delle attività di contrasto. L'attività di contrasto è svolta dall'Agenzia delle entrate, ma anche dall'INPS e dall'INAIL, quindi tutti i vari soggetti e le varie agenzie fiscali. In merito, osservando che cosa viene fatto nella attività di contrasto, si vede che viene fatto tantissimo, ma si vede anche che ci sono dei limiti fisici, che non possono essere oltrepassati, date le risorse disponibili. Faccio un esempio soltanto. Sommando le verifiche ispettive realizzate dai diversi soggetti, arriviamo, se ricordo bene, a circa 200 mila soggetti verificati annualmente. Rispetto a 4 milioni di imprese, 2 milioni di aziende agricole e così via, stiamo evidentemente parlando di un numero limitato, il che mostra che c'è, come dicevo, un limite fisico per la possibilità di indagini in loco. La nuova Agenzia per le attività ispettive ha messo insieme la parte INPS, la parte INAIL e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma vorrei ricordare che ci sono, in realtà, molti altri soggetti che fanno, in qualche modo, ispezioni. Penso alle ASL, per la sicurezza, o ai comuni e così via. C'è, dunque, una possibilità, visto che si tratta di uno dei temi della Commissione, di aumentare ulteriormente l'efficienza nell'integrazione delle banche dati, tra soggetti non statali e soggetti statali. Questo è un elemento importante, che potrebbe aiutare a fare una migliore attività di contrasto».

I dati che sono stati forniti in Commissione dal professore Giovannini hanno fatto discutere sui principali organi di informazione. Non si tratta - a nostro giudizio - di una grande novità. Ormai lo diciamo da molti anni che ci sono settori, quali i servizi personali, soprattutto dove sono domiciliari, che nascondono elevate percentuali di lavoro in nero e dunque di evasione di tasse e oneri sociali. Tutto ciò diventa veramente triste quando dietro a simili situazioni non cristalline si muovono sedicenti realtà di volontariato. E' un tradimento grave delle radici stesse del Volontariato che deve saper distinguere la gratuità - elemento indispensabile nel Volontariato - dai contratti di lavoro, che sono possibili all'interno delle Associazioni di Volontariato (certamente non per i volontari) ma nel rispetto delle ipotesi previste dalla legge e comunque nel rispetto di quella dignità che viene chiaramente indicata dall'articolo 36 della Costituzione della Repubblica Italiana dove si legge: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».

 
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