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Per la Famiglia

Intendiamo fare qualcosa di nuovo, ma al tempo stesso d’antico: fra le SETTE OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE c’è, infatti, anche il VISITARE GLI INFERMI. Questo noi vogliamo fare, coinvolgendo anzitutto chi ha vissuto l’esperienza della sofferenza accanto a un familiare malato. Si tratta di visite periodiche di volontari che dovranno risvegliare e rinforzare nel malato il senso di appartenenza alla comunità, dandogli la certezza di essere considerato. Attraverso queste visite si potrà conoscere il malato e la sua famiglia, instaurare un rapporto di amicizia, rendersi conto delle varie necessità e offrire – per quanto è possibile – sollievo e aiuto. Abbiamo sperimentato che il dare continuità a queste visite diventa punto di riferimento per il malato e la sua famiglia che non si sentiranno abbandonati ma al centro di una rete di attenzione e di solidarietà. Visitando un malato si apprende inoltre un aspetto semplice e ovvio: il malato è contento della nostra visita, soprattutto se sente che non siamo andati a visitarlo per adempiere un obbligo morale ma che ci siamo andati perché ci fa piacere vederlo, confortarlo e salutarlo.

Ci sono poi anche le SETTE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE fra le quali troviamo il CONSOLARE GLI AFFLITTI. Dare consolazione non vuol dire provocare un’effimera gioia nel malato ma permettere di scoprire la capacità di portare su di sé la sofferenza. Non si deve avere uno sguardo pietistico sull’afflitto il quale non cerca un’altra persona che pianga con e su di lui, ma dare speranza e un senso alla afflizione, con la consapevolezza che le sofferenze hanno come fine l’amore e l’amore trionfa su tutto. La nostra visione riguarda un modello di società che, nell’assistenza alle persone malate, ruota comunque attorno alla casa dello stesso malato. Fin dal gennaio 1991, con il convegno a Villa Bottini nel quale fu presentato il progetto «TORNANDO A CASA DOPO», abbiamo avviato una riflessione e illustrato le prime proposte concrete sulla necessità di incrementare l’assistenza domiciliare e territoriale.

Poi nel febbraio 1998 la nostra Associazione ha coniato il motto: «A CASA E’ MEGLIO», titolo del convegno nazionale del 12, 13 e 14 febbraio 1998, dove si parlò di cure domiciliari in geriatria e oncologia. Ai lavori partecipò l’allora ministro della sanità, Rosy Bindi, che elogiò l’opera della nostra Associazione. In quel convegno furono lanciate ulteriori proposte di sviluppo delle cure domiciliari in geriatria e oncologia. Sono passati ben 25 anni e nella nostra società si sono accentuati fenomeni che da una parte accelerano ma dall’altra frenano le attività di assistenza domiciliare. Il concetto sintetizzato nel titolo del convegno del 1998 resta per noi assolutamente valido, ma è anche vero che la casa non è soltanto un luogo fisico e dunque le pareti di un edificio. La casa deve essere accogliente e avere precisi requisiti, compreso il consenso all’assistenza domiciliare da parte della famiglia del malato.

Ciò potrebbe sembrare facile e anzi scontato perché una famiglia, nell’immaginario collettivo, sa prendersi cura del proprio congiunto malato. In realtà non è così semplice. E’ vero anzi che quando un componente si ammala il nucleo familiare viene sconvolto e profondamente coinvolto nella situazione del congiunto. I nuovi modelli di organizzazione e gestione dei servizi socio-sanitari privilegiano l’assistenza domiciliare rispetto a quella ospedaliera, che già oggi è sempre più breve e limitata alla fase acuta delle malattie. Ciò, almeno dal nostro punto di vista, rappresenta un aspetto positivo, perché offre al malato notevoli benefici psicologici, ottenendo anche per le strutture sanitarie una riduzione dei costi. Ma il rischio è che si finisca con lo scaricare sulla famiglia molte e complesse problematiche, dovute anche all’insufficienza delle strutture territoriali. Insomma la famiglia viene caricata di onerosi fardelli a livello assistenziale ed economico che portano ad affrontare momenti molto faticosi. In pratica la nostra Associazione ha posto l’accento e l’attenzione sul tema della famiglia e sulla sua capacità di accogliere il malato. Se vogliamo sviluppare le forme di assistenza domiciliare dobbiamo irrobustire la famiglia, e anche questo obiettivo ci sembra più facile partendo dai valori della tradizione cattolica. Enti Pubblici e Associazioni di Volontariato come la nostra devono estendere l’attenzione e la cura anche alle famiglie dei malati, instaurando rapporti umani ed affettivi.

E’ indispensabile questo sostegno morale alla famiglia perché possa superare il giustificato sconforto di fronte a un congiunto malato, talvolta gravemente malato. Un accompagnamento premuroso, che richiede periodiche visite a domicilio per aiutare la famiglia a scoprire, nella dolorosa stagione della sofferenza, preziosi valori umani e spirituali. Per rispondere a questi nostri obiettivi l’Associazione si è data una struttura organizzativa ben precisa che ruota attorno ai Volontari attivi ma necessariamente anche attorno ad alcuni Operatori retribuiti e qualificati nei vari ambiti.

Con le famiglie attraverso incontri, corsi, indagini sul grado di soddisfazione, creazione di sempre nuovi gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto (A.M.A.) e comunicazioni intendiamo procedere a un sempre più concreto coinvolgimento nelle attività svolte e i cui effetti ricadono sulle stesse persone. 

 
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